appunti sul MUSICAL
di Dario Dalla Mura / Elena Peloso
Il musical è un genere cinematografico tipicamente americano, come il western. Di derivazione teatrale, nasce dallo spettacolo, di cui fonde vari generi e sottogeneri ( vaudeville, burlesque, farsa, comico, musica, danza e commedia….). E' quindi espressione di una poetica d'evasione, del 'sogno americano', dell' entertainment, più volte ribadito (Make them laugh!, di Singin' in the Rain o That's entertainment di Spettacolo di varietà di Minnelli).
Nella narratologia il musical è sintesi di percorsi che vanno dalla commedia e dell'avventura ( il tema della realizzazione di amore e successo) con una frequente incursione nei modelli della fiaba, tutti elementi che prevedono naturalmente l'happy end: le 'prove' sono gli ostacoli da superare e si concretizzano nei numeri musicali. I luoghi e gli scenari sono lo spettacolo (frequente) ma anche l'arte e la moda, l'idea comunque di qualcosa che deve andare in scena, lo show appunto, come nel film di Kelly-Donen, dove c'è anche una citazione della sfilata di moda, che è un omaggio ai musical degli anni '30.
Lo sforzo, il lavoro, almeno nel musical americano, non sembrano avere peso e gli impedimenti sono solo esterni, mentre il ballo e la musica fluiscono naturalmente in modo estatico e onirico (questo particolarmente in Minnelli, per il quale l'arte è sogno e salvezza… come per i surrealisti Un americano a Parigi).
Tecnicamente è un genere complesso e spesso rigidamente codificato dalle case di produzione per le competenze e le esigenze tecnologiche che richiede e esprime quando nasce e si afferma alle origini del sonoro, che è l' epoca d'oro del musical, poiché il cinema proprio in questo genere fa il suo tirocinio, soprattutto nello sviluppo dell'uso della m.d.p. che acquista grande mobilità e sperimenta nei movimenti ardite angolazioni e novità che altri generi incoraggiavano meno (a parte forse il western). Ovviamente, come nel caso del comico, è il genere che si incentra più di tutti sulla bravura dell'attore, che deve possedere una grande versatilità, caratteristica che hanno spesso molti attori americani del tempo, che sanno fare un po' di tutto, professionisti a parte… E' il caso di Kelly, attore, cantante, regista e coreografo. Accanto a questo tipo di professionisti nel musical compaiono spesso anche grandi musicisti come Gershwin o Berlin, Porter (o più tardi Bernstein e A. Lloyd Webber) come pure Freed, produttore di gran parte dei musical (e di Singin') ed egli stesso musicista.
A volte lo spunto per scrivere e realizzare un film (come in quello di Kelly-Donen) può essere nell'entusiasmo, nell'ottimismo creato da una canzone, che dà la partenza e l'idea di una situazione in movimento, che deve essere risolta…o addirittura da un collage di pezzi più o meno famosi.
Breve storia
Negli anni 30, con la Grande Depressione si assiste a un grande sviluppo del musical in coincidenza col sonoro, anche con evidenti scopi di consolazione ed evasione: c'è persino un musical. che mette in scena i barboni della depressione...
[La danza delle luci - 1933, Melvin LeRoy]
Per dare un'idea della presenza del musical nella cinematografia americana negli anni dal '27 al '40 si contano più di 300 musical e da allora al '95, Cinemania ne elenca più di 1100 significativi (con l'apporto però anche delle cinematografie mondiali). Nell'epoca d'oro, dagli anni '30 alla fine dei '50 i titoli significativi ricordati sono più di 800.
Il primo grande nome del musical è Busby Berkeley. Gira quasi 40 film, dal '30 al '40 come coreografo o regista (o le due cose insieme). A Berkeley si deve la liberazione della danza dalla costrizioni teatrali del palcoscenico e la capacità di farne un flusso ininterrotto con il linguaggio del cinema. Le coreografie dei numeri sono pirotecniche e caleidoscopiche, sottolineate da elaborati m.d.m. che si liberano progressivamente dalla angolazione frontale per arrivare alle spericolate inquadrature ' a piombo', rese fluide da un sapientissime montaggio, che rende tutto naturale.
I corpi disegnano attraverso campi lunghi o lunghissimi geometrie che sfumano in forme astratte, in uno stile modernissimo.
[B. Berkeley: 42 strada - 1933, Lloyd Bacon]
Negli stessi anni si afferma nella RKO la coppia Astaire-Rogers, entrambi provengono dal vaudeville. Astaire è attore, ballerino cantante e coreografo. Rogers era ballerina e continuerà poi a fare film anche non musicali per anni (famoso Frutto proibito di B. Wilder). Grazie alla loro collaborazione, che li vide protagonisti di 10 film, il genere si ridefinisce e rinnova. La loro danza si incentra sull'abilità e la leggerezza individuali e su una grazia sofisticata che spesso fa anche a meno del gruppo di ballerini. Le trame sono per lo più esili e ricalcate sull'idea della conquista amorosa o della commedia, con gli equivoci e gli scambi, e sono puro pretesto per memorabili numeri musicali con canzoni spesso scritte da ottimi musicisti.
[Cheek to cheek di Irving Berlin, da Cappello a cilindro - 1935]
Singolare è il fatto che Astaire era stato sottovalutato come uomo di spettacolo e personaggio cinematograficamente credibile ('troppo magro e stempiato").
[un brano di tip tap eseguito con Eleanor Powell, forse meno affascinante della Rogers, ma certo bravissima, tratto da Balla con me del 1940 di Norman Taurog - Broadway Melody of 1940]
Gli anni '40 si aprono nel segno del colore e in parte a colori è Il mago di Oz di Victor Fleming del 1939, con Judy Garland, che è un successo della MGM (tra l'altro recentemente restaurato) e con l'inizio della carriera di Gene Kelly che, dopo un esordio difficile, viene notato dalla MGM e da Freed e lavora affermandosi alla metà del decennio sotto la direzione di Minnelli (Il pirata - 1948, Brigadoon - 1954, Un americano a Parigi - 1951) e poi in coppia con il regista Donen come co-regista oltre che ballerino e coreografo (Un giorno a New York - 1949, Cantando sotto la pioggia - 1952). Ovviamente negli anni della guerra, del dopoguerra e della guerra fredda il musical assolve anche il compito di ribadire la poetica di evasione che aveva svolto durante la sua origine nella Depressione.
[il numero finale di Un americano a Parigi, con le raffinate citazioni pittoriche e la ricostruzione della città. La partner di Kelly è l'esordiente Leslie Caron, altra star di successo del genere, che nel 1958 sarà la protagonista di Gigi, sempre di Minnelli, premiato con ben 9 oscar]
Vincente Minnelli è un altro interessante regista che lavora nel musical (ma non solo) e che ha impresso la sua cifra stilistica al genere: caratteristiche di Minnelli sono i colori accesi realizzati con il technicolor, la finzione esibita, il tema ricorrente del sogno, della fiaba in opposizione alla mediocrità della vita..
[Brigadoon - '54, con Kelly e la Charisse: nella danza si rivela l'amore]
Ma Minnelli è anche il regista che ha girato quello , con Singin', può essere considerato il musical più tipico, Spettacolo di varietà del '53, nel quale il plot ricalca di nuovo l'archetipo dello spettacolo da fare, dell'insuccesso da rimediare, della necessità di superare le difficoltà e del coronamento finale amoroso e professionale. Il protagonista è Astaire, divo al tramonto, nel film e nella vita, e l'affermata Charisse; la poetica che fa da filo conduttore al film è quella dell'opposizione tra arte 'alta' e popolare con l'ovvia esaltazione del musical come veicolo di intrattenimento e consolazione, di fatto la stessa idea di Make them laugh!.
[Dancing in the Dark]
Per molti il film è il canto del cigno del musical propriamente detto. Nonostante qualche grande successo di critica e pubblico, la metà degli anni 50 e gli anni '60 vedono infatti la crisi dei generi e in particolare del musical, che perde molte delle caratteristiche fin qui delineate e tende a confondersi con altri generi, con la commedia, il film biografico ( il biopic) o percorre nuovi itinerari, anche suggestivi, ma che non sono non più quelli delle origini.
La tendenza prevalente è quella di non scrivere più soggetti originali, ma di portare sulle schermo i musical teatrali di Broadway che continuano nel frattempo a essere rappresentati con grande successo. Tra gli esempi di maggior successo My Fair Lady di George Cukor del 1964, tratto dal testo di G.B.Shaw (8 oscar) e West Side Story del 1961 di Wise e Robbins con musiche di Bernstein, premiato con ben 10 oscar.
Il musical diventa quindi trasposizione e non più invenzione originale. Negli anni '70 si fa apprezzare il lavoro di Bob Fosse, attore, coreografo e regista di successo, che passa da Broadway al cinema firmando opere importanti come Cabaret del 1972 ( 8 oscar), Lenny del '74 (un biopic), All that Jazz del 1979. La sua opera risente del gusto teatrale e della passione dell'autore per il jazz, ed è ricca di spunti interessanti, ma certamente non può essere definita musical ma più esattamente film musicale, oppure all'americana, musical da teatro, nel quale cioè i numeri sono esattamente plausibili e reali.
[Cabaret, protagonista Liza Minnelli, figlia d'arte del musical - i genitori sono Judy Garland e V. Minnelli. Il film è ricco di riferimenti culturali, storici e letterari e di citazioni della cultura espressionista della Berlino degli anni dell'avvento del nazismo]
A metà degli anni '60 i fermenti della cultura pop e rock e della contestazione alla guerra del Vietnam si impongono nella musica e sulle scene teatrali e da questi successi approdano negli anni '70 al cinema, in alcune importanti produzioni come Hair di M. Forman (1979) o Jesus Christ Superstar di Norman Jewison (1973), con musiche di A. Lloyd Webber e T. Rice. Sono film ricchi di spunti ideologici interessanti, anche se forse oggi un po' datati, ma non rinnovano profondamente il genere.
[la sequenza finale di Jesus Christ, film senza dialoghi, interamente musicale]
La cultura rock giovanile si esprime in seguito in altri film definibili opere rock come Tommy dell'inglese Ken Russell del 1975, con le musiche e la partecipazione di artisti celebri del mondo rock e pop e momenti di grande fantasia e invenzione, a volte però pericolosamente vicini al kitsch. O The Rocky Horror Picture Show, di Jim Sharman sempre del 1975, ironico e irriverente.
Negli anni successivi non ci sono novità che escano dagli schemi visti, i film musicali si avvicinano al mondo della danza giovanile, con un prevalere della colonna sonora sull'aspetto cinematografico, a volte con grande successo come, nel 1977, La febbre del sabato sera di John Badham e Quadrophenia di Frank Roddam, con Sting che ripercorre le vicende della cultura giovanile britannica degli anni sessanta.
Altre possibilità sono i film-concerto, come Woodstock o The Last Waltz, girato nel 1978 da Martin. Scorsese, che sono però documentari.
Una novità può essere considerata invece il film-opera che prevede l'ambientazione realistica e in esterni dell'opera classica, come nel caso di Don Giovanni di J. Losey (1979) o di Carmen di Francesco Rosi del 1984. A parte, e certamente più interessante, Il flauto magico (1975) di Ingmar Bergman, girato in un suggestivo teatro con incursioni nel pubblico e dietro le quinte.
Continua anche la produzione di biopic, spesso ambientati nel mondo del jazz come Bird di Clint Eastwood del 1988 o Round Midnight del 1986 di Bertrand Tavernier. Grande successo ottiene Amadeus di Milos Forman del 1984, biografia romanzata, tratta da un testo teatrale su Mozart, premiato con 8 oscar.
Il musical fin qui esaminato, almeno quello classico, è un genere tipicamente hollywoodiano, ma qualche autore europeo va ricordato. Innanzitutto Ernst Lubitsch, che realizza qualche musical tra cui La vedova allegra del 1934, dall'omonima operetta di Franz Lehar, e interessante è l'opera di Powell e Pressburger Scarpette rosse del 1948, suggestivo melodramma musicale tratto dalla fiaba di Andersen, famoso per essere l'unico musical a terminare con la morte della protagonista, stregata dalla danza.
Da segnalare anche Les parapluies de Cherbourg del 1964 di Jacques Demy, che ebbe la Palma d'oro a Cannes ed è un film completamente cantato, ma senza numeri di ballo.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.
Nella narratologia il musical è sintesi di percorsi che vanno dalla commedia e dell'avventura ( il tema della realizzazione di amore e successo) con una frequente incursione nei modelli della fiaba, tutti elementi che prevedono naturalmente l'happy end: le 'prove' sono gli ostacoli da superare e si concretizzano nei numeri musicali. I luoghi e gli scenari sono lo spettacolo (frequente) ma anche l'arte e la moda, l'idea comunque di qualcosa che deve andare in scena, lo show appunto, come nel film di Kelly-Donen, dove c'è anche una citazione della sfilata di moda, che è un omaggio ai musical degli anni '30.
Lo sforzo, il lavoro, almeno nel musical americano, non sembrano avere peso e gli impedimenti sono solo esterni, mentre il ballo e la musica fluiscono naturalmente in modo estatico e onirico (questo particolarmente in Minnelli, per il quale l'arte è sogno e salvezza… come per i surrealisti Un americano a Parigi).
Tecnicamente è un genere complesso e spesso rigidamente codificato dalle case di produzione per le competenze e le esigenze tecnologiche che richiede e esprime quando nasce e si afferma alle origini del sonoro, che è l' epoca d'oro del musical, poiché il cinema proprio in questo genere fa il suo tirocinio, soprattutto nello sviluppo dell'uso della m.d.p. che acquista grande mobilità e sperimenta nei movimenti ardite angolazioni e novità che altri generi incoraggiavano meno (a parte forse il western). Ovviamente, come nel caso del comico, è il genere che si incentra più di tutti sulla bravura dell'attore, che deve possedere una grande versatilità, caratteristica che hanno spesso molti attori americani del tempo, che sanno fare un po' di tutto, professionisti a parte… E' il caso di Kelly, attore, cantante, regista e coreografo. Accanto a questo tipo di professionisti nel musical compaiono spesso anche grandi musicisti come Gershwin o Berlin, Porter (o più tardi Bernstein e A. Lloyd Webber) come pure Freed, produttore di gran parte dei musical (e di Singin') ed egli stesso musicista.
A volte lo spunto per scrivere e realizzare un film (come in quello di Kelly-Donen) può essere nell'entusiasmo, nell'ottimismo creato da una canzone, che dà la partenza e l'idea di una situazione in movimento, che deve essere risolta…o addirittura da un collage di pezzi più o meno famosi.
Breve storia
Negli anni 30, con la Grande Depressione si assiste a un grande sviluppo del musical in coincidenza col sonoro, anche con evidenti scopi di consolazione ed evasione: c'è persino un musical. che mette in scena i barboni della depressione...
[La danza delle luci - 1933, Melvin LeRoy]
Per dare un'idea della presenza del musical nella cinematografia americana negli anni dal '27 al '40 si contano più di 300 musical e da allora al '95, Cinemania ne elenca più di 1100 significativi (con l'apporto però anche delle cinematografie mondiali). Nell'epoca d'oro, dagli anni '30 alla fine dei '50 i titoli significativi ricordati sono più di 800.
Il primo grande nome del musical è Busby Berkeley. Gira quasi 40 film, dal '30 al '40 come coreografo o regista (o le due cose insieme). A Berkeley si deve la liberazione della danza dalla costrizioni teatrali del palcoscenico e la capacità di farne un flusso ininterrotto con il linguaggio del cinema. Le coreografie dei numeri sono pirotecniche e caleidoscopiche, sottolineate da elaborati m.d.m. che si liberano progressivamente dalla angolazione frontale per arrivare alle spericolate inquadrature ' a piombo', rese fluide da un sapientissime montaggio, che rende tutto naturale.
I corpi disegnano attraverso campi lunghi o lunghissimi geometrie che sfumano in forme astratte, in uno stile modernissimo.
[B. Berkeley: 42 strada - 1933, Lloyd Bacon]
Negli stessi anni si afferma nella RKO la coppia Astaire-Rogers, entrambi provengono dal vaudeville. Astaire è attore, ballerino cantante e coreografo. Rogers era ballerina e continuerà poi a fare film anche non musicali per anni (famoso Frutto proibito di B. Wilder). Grazie alla loro collaborazione, che li vide protagonisti di 10 film, il genere si ridefinisce e rinnova. La loro danza si incentra sull'abilità e la leggerezza individuali e su una grazia sofisticata che spesso fa anche a meno del gruppo di ballerini. Le trame sono per lo più esili e ricalcate sull'idea della conquista amorosa o della commedia, con gli equivoci e gli scambi, e sono puro pretesto per memorabili numeri musicali con canzoni spesso scritte da ottimi musicisti.
[Cheek to cheek di Irving Berlin, da Cappello a cilindro - 1935]
Singolare è il fatto che Astaire era stato sottovalutato come uomo di spettacolo e personaggio cinematograficamente credibile ('troppo magro e stempiato").
[un brano di tip tap eseguito con Eleanor Powell, forse meno affascinante della Rogers, ma certo bravissima, tratto da Balla con me del 1940 di Norman Taurog - Broadway Melody of 1940]
Gli anni '40 si aprono nel segno del colore e in parte a colori è Il mago di Oz di Victor Fleming del 1939, con Judy Garland, che è un successo della MGM (tra l'altro recentemente restaurato) e con l'inizio della carriera di Gene Kelly che, dopo un esordio difficile, viene notato dalla MGM e da Freed e lavora affermandosi alla metà del decennio sotto la direzione di Minnelli (Il pirata - 1948, Brigadoon - 1954, Un americano a Parigi - 1951) e poi in coppia con il regista Donen come co-regista oltre che ballerino e coreografo (Un giorno a New York - 1949, Cantando sotto la pioggia - 1952). Ovviamente negli anni della guerra, del dopoguerra e della guerra fredda il musical assolve anche il compito di ribadire la poetica di evasione che aveva svolto durante la sua origine nella Depressione.
[il numero finale di Un americano a Parigi, con le raffinate citazioni pittoriche e la ricostruzione della città. La partner di Kelly è l'esordiente Leslie Caron, altra star di successo del genere, che nel 1958 sarà la protagonista di Gigi, sempre di Minnelli, premiato con ben 9 oscar]
Vincente Minnelli è un altro interessante regista che lavora nel musical (ma non solo) e che ha impresso la sua cifra stilistica al genere: caratteristiche di Minnelli sono i colori accesi realizzati con il technicolor, la finzione esibita, il tema ricorrente del sogno, della fiaba in opposizione alla mediocrità della vita..
[Brigadoon - '54, con Kelly e la Charisse: nella danza si rivela l'amore]
Ma Minnelli è anche il regista che ha girato quello , con Singin', può essere considerato il musical più tipico, Spettacolo di varietà del '53, nel quale il plot ricalca di nuovo l'archetipo dello spettacolo da fare, dell'insuccesso da rimediare, della necessità di superare le difficoltà e del coronamento finale amoroso e professionale. Il protagonista è Astaire, divo al tramonto, nel film e nella vita, e l'affermata Charisse; la poetica che fa da filo conduttore al film è quella dell'opposizione tra arte 'alta' e popolare con l'ovvia esaltazione del musical come veicolo di intrattenimento e consolazione, di fatto la stessa idea di Make them laugh!.
[Dancing in the Dark]
Per molti il film è il canto del cigno del musical propriamente detto. Nonostante qualche grande successo di critica e pubblico, la metà degli anni 50 e gli anni '60 vedono infatti la crisi dei generi e in particolare del musical, che perde molte delle caratteristiche fin qui delineate e tende a confondersi con altri generi, con la commedia, il film biografico ( il biopic) o percorre nuovi itinerari, anche suggestivi, ma che non sono non più quelli delle origini.
La tendenza prevalente è quella di non scrivere più soggetti originali, ma di portare sulle schermo i musical teatrali di Broadway che continuano nel frattempo a essere rappresentati con grande successo. Tra gli esempi di maggior successo My Fair Lady di George Cukor del 1964, tratto dal testo di G.B.Shaw (8 oscar) e West Side Story del 1961 di Wise e Robbins con musiche di Bernstein, premiato con ben 10 oscar.
Il musical diventa quindi trasposizione e non più invenzione originale. Negli anni '70 si fa apprezzare il lavoro di Bob Fosse, attore, coreografo e regista di successo, che passa da Broadway al cinema firmando opere importanti come Cabaret del 1972 ( 8 oscar), Lenny del '74 (un biopic), All that Jazz del 1979. La sua opera risente del gusto teatrale e della passione dell'autore per il jazz, ed è ricca di spunti interessanti, ma certamente non può essere definita musical ma più esattamente film musicale, oppure all'americana, musical da teatro, nel quale cioè i numeri sono esattamente plausibili e reali.
[Cabaret, protagonista Liza Minnelli, figlia d'arte del musical - i genitori sono Judy Garland e V. Minnelli. Il film è ricco di riferimenti culturali, storici e letterari e di citazioni della cultura espressionista della Berlino degli anni dell'avvento del nazismo]
A metà degli anni '60 i fermenti della cultura pop e rock e della contestazione alla guerra del Vietnam si impongono nella musica e sulle scene teatrali e da questi successi approdano negli anni '70 al cinema, in alcune importanti produzioni come Hair di M. Forman (1979) o Jesus Christ Superstar di Norman Jewison (1973), con musiche di A. Lloyd Webber e T. Rice. Sono film ricchi di spunti ideologici interessanti, anche se forse oggi un po' datati, ma non rinnovano profondamente il genere.
[la sequenza finale di Jesus Christ, film senza dialoghi, interamente musicale]
La cultura rock giovanile si esprime in seguito in altri film definibili opere rock come Tommy dell'inglese Ken Russell del 1975, con le musiche e la partecipazione di artisti celebri del mondo rock e pop e momenti di grande fantasia e invenzione, a volte però pericolosamente vicini al kitsch. O The Rocky Horror Picture Show, di Jim Sharman sempre del 1975, ironico e irriverente.
Negli anni successivi non ci sono novità che escano dagli schemi visti, i film musicali si avvicinano al mondo della danza giovanile, con un prevalere della colonna sonora sull'aspetto cinematografico, a volte con grande successo come, nel 1977, La febbre del sabato sera di John Badham e Quadrophenia di Frank Roddam, con Sting che ripercorre le vicende della cultura giovanile britannica degli anni sessanta.
Altre possibilità sono i film-concerto, come Woodstock o The Last Waltz, girato nel 1978 da Martin. Scorsese, che sono però documentari.
Una novità può essere considerata invece il film-opera che prevede l'ambientazione realistica e in esterni dell'opera classica, come nel caso di Don Giovanni di J. Losey (1979) o di Carmen di Francesco Rosi del 1984. A parte, e certamente più interessante, Il flauto magico (1975) di Ingmar Bergman, girato in un suggestivo teatro con incursioni nel pubblico e dietro le quinte.
Continua anche la produzione di biopic, spesso ambientati nel mondo del jazz come Bird di Clint Eastwood del 1988 o Round Midnight del 1986 di Bertrand Tavernier. Grande successo ottiene Amadeus di Milos Forman del 1984, biografia romanzata, tratta da un testo teatrale su Mozart, premiato con 8 oscar.
Il musical fin qui esaminato, almeno quello classico, è un genere tipicamente hollywoodiano, ma qualche autore europeo va ricordato. Innanzitutto Ernst Lubitsch, che realizza qualche musical tra cui La vedova allegra del 1934, dall'omonima operetta di Franz Lehar, e interessante è l'opera di Powell e Pressburger Scarpette rosse del 1948, suggestivo melodramma musicale tratto dalla fiaba di Andersen, famoso per essere l'unico musical a terminare con la morte della protagonista, stregata dalla danza.
Da segnalare anche Les parapluies de Cherbourg del 1964 di Jacques Demy, che ebbe la Palma d'oro a Cannes ed è un film completamente cantato, ma senza numeri di ballo.Paragraph. Fai clic qui per effettuare modifiche.